venerdì 12 ottobre 2007

questione di nobel...ma anche notantobrut...







nel 2004 ho scritto una tesi su questa donna e lei oggi (o ieri?) è stata insignita del nobel...tutto merito mio...

scherzi a parte, qui sotto le conclusioni della mia tesi dal titolo i "Taccuini e le Memorie di Doris Lessing", che mi fruttarono, insieme con l'indice, il frontespizio, l'intro, la biografia, i capitoli e la bibliografia ma neanche una foto, un'immagine o un disegnino (caspita quanto la faccio lunga!!), 7 punti...non vi preoccupate la cicatrice non si vede! (ps: se non vi va non leggete!!)


 


Conclusioni

I diari, come pure le memorie, sono un mezzo per rielaborare il proprio passato, tanto che la psicanalisi le considera una forma terapeutica. Come spiega Porter H. Abbott, scrivere un diario serve a

the discovery of one’s inner nature and the recovery of psychic wholeness by a persistent effort of spontaneous, periodic writing[1].

La psicanalisi e la psicoterapia sono processi dialogici e teleologici che sondano il passato di un individuo, le identità trascorse, le memorie, gli stati mentali.

In particolare, la psicanalisi è fondamentale per la letteratura sia come metafora per i testi, sia come strumento per comprenderli: testi self-representational[2] divengono una presentazione del sé in varie guise, una ricerca di “verità”, di “risposte”, ed un mezzo per comprendere il proprio Io, ottenere spiegazioni e catarsi. Molti testi di Doris Lessing hanno proprio questa funzione.

Per Abbott, analizzando i diari di Anna Wulf nel Golden Notebook, si percepisce che, nello scrivere, Doris Lessing concentra ‘part of [her] complex effort (…) to erode the boundaries between writing and living one’s life[3]

La psicoanalisi, la psicoterapia, i testi di auto-rappresentazione forniscono inoltre l’opportunità di afferrare il passato, analizzare le esperienze fatte, e talvolta reinventarle ripetendole nuovamente, mentre si continua a vivere nel presente. In questo modo si possono riconciliare i sentimenti e l’esistenza attuale con il ricordo di un passato che è stato soppresso perché doloroso.

Questo è quello che avviene nei romanzi autobiografici di Doris Lessing: i personaggi, ma anche la scrittrice, rielaborano e riaffrontano un passato che altrimenti sarebbe difficile da affrontare, e lo fanno scrivendo, riscrivendo, leggendo e rileggendo le proprie esperienze. Doris Lessing ha affrontato gradualmente le problematiche riguardanti la sua vita, man mano che si sentiva in grado di farlo.

Così, nel Golden Notebook, Anna Wulf/Doris Lessing rielabora la presa di coscienza dell’io nei confronti degli altri, Anna si era prima annullata, fino ad arrivare a perdersi, e poi era uscita da questa situazione sottolineando la propria differenza, la propria univocità.

In questo confronto Doris Lessing affronta anche il rapporto con gli uomini, in un’epoca in cui una donna è ancora in parte “sottomessa”, riesce a capire che non ha bisogno di una presenza maschile, che può comunque essere sé stessa. Negli anni subito successivi all’uscita del Golden Notebook, questa sua analisi era stata stravolta da una interpretazione eccessivamente femminista, che indicava negli uomini la radice di ogni male, tanto che l’autrice ne aveva dovuto – e voluto – prendere le distanze.

Un altro tema affrontato è la politica. Scrivendo il Golden Notebook, la scrittrice si è accorta del suo progressivo allontanamento da un’ideologia che non lasciava spazio per il libero pensiero, che pretendeva sempre di più una cieca sottomissione e non ammetteva critiche.

Particolare rilievo, inoltre, assume il concetto di nostalgia di casa. Partendo da un iniziale scetticismo e dal desiderio di respingere i ricordi, a causa dello stravolgimento di questi dovuto allo scorrere del tempo, arriva al termine del romanzo alla presa di coscienza, che è inevitabile che il tempo falsi la memoria, come è inevitabile che i giudizi subiscano lo stesso influsso. Ma la conclusione sembra essere che questo sia in parte un bene perché le situazioni si possono capire meglio, con uno sguardo più distaccato. Come dice nel primo volume della sua autobiografia, all’età di 75 anni:

I am trying to write this book honestly. But were I to write it aged eighty-five, how different would it be?[4]

La prospettiva e la “verità” cambiano con il tempo, la memoria non è solo ‘a careless and lazy organ[5], ma, piuttosto, è come

Climbing a mountain while the landscape changes with every twist in the path[6]

Questo è un primo passo nella scoperta di sé stessa attraverso la memoria di quello che è stata e dei momenti che ha superato. Il passo successivo, che si ritrova in The Memoirs of a Survivor, è quello di riscoprire il rapporto con la madre – un tema che ha molto influenzato la sua vita, oltre che la sua scrittura – affrontando ‘the nightmare repetition[7] contrariamente all’atteggiamento espresso in romanzi, la serie di Martha Quest, in cui aveva accantonato il problema come insuperabile.

Affrontando, e superando, questo “ostacolo” si trova ad affrontare ricordi dolorosi, non più rifuggendo dalla memoria, dal ricordo – come invece avveniva nel Golden Notebook – ma affrontandoli e cercando il perché di alcune situazioni, di comportamenti, arrivando ad una catarsi non solo del ‘personal’ ma anche di quello che riguarda avvenimenti storici che lei e molte persone della sua generazione avevano dovuto affrontare.

Doris Lessing, dopo aver aperto questo “vaso di Pandora”, che è per lei il rapporto con la madre, ha continuato ad analizzarlo nei romanzi successivi, seguendo di volta in volta il punto di vista che si era andato modificando con il passare degli anni.

In seguito, con i due romanzi, The Diary of a Good Neighbour e If the Old Could – in seguito unificati nei Diaries of Jane Somers –, Doris Lessing pone fine all’incubo della ripetizione. Occupandosi infatti dell’anziana donna prima, e delle due nipoti poi, Jane fa quello che la scrittrice non era mai riuscita a fare nella propria vita: occuparsi dell’anziana madre, ma anche dei figli, quelli nati dal suo primo matrimonio, che aveva lasciato con il marito per timore di aver “ereditato” le problematiche dei suoi genitori:

I personally held some pretty amazing beliefs, generated in me by that long, long nightmare, watching the slow grinding down of my parents. I knew that when I stepped out of the marriage I would be breaking some dark line of Fatality, invisible but invincible (…) My leaving the marriage would save my children from following this road, as if I were carrying some kind of gene[8]

Ma è solo scrivendo che comprende quanto questa, in realtà, sia un’idea troppo bizzarra per essere verosimile. I suoi scritti mostrano il cambiare, l’evolversi della sua personalità, e il tentativo di osservare sua madre come lei stessa si vedeva, come in uno specchio, invece che attraverso gli occhi di un’adolescente ribelle. Ciascuno di questi punti di vista non è meno legittimo o “veritiero”, ma semplicemente presenta la verità da una prospettiva diversa.

Mentre Doris Lessing è consapevole della fallibilità, della fragilità e inattendibilità della memoria, nel frattempo la manipola attraverso i suoi testi auto-rappresentativi in modo da ottenere una sensazione d’interezza psicologica. Consapevole delle molte storie taciute che caratterizzano la sua vita, ha sviluppato un modo tutto suo di intrecciare il racconto per dare vita al proprio passato, ma anche al proprio presente.

Mostrando il passato principalmente attraverso la memoria lo diversifica. I personaggi di Doris Lessing sono identità fittizie dell’autrice all’interno di testi caratterizzati da ricchi “passati multistrato”, così che ognuno di essi contenga una valida verità personale applicabile ad un preciso momento, ad una precisa “fase” della scrittrice, ciò che Jeanne Schulkind definisce ‘filtering the past through a succession of present selves[9]. Così Anna Wulf nel Golden Notebook raggiunge l’integrazione psichica e l’unità con – e attraverso – le sue identità fittizie, come Molly, Saul, Ella e Michael, ma anche attraverso le sue varie identità, che si manifestano nei vari diari.

Secondo Claire Sprague Doris Lessing ha realizzato nelle multi-personalità di Anna Wulf, una formula multi-personale unica, una nuova stratificazione temporale, una nuova maniera di spezzare il punto di vista narrativo e la continuità degli eventi esterni.[10]

Doris Lessing scrive testi multi personali e dialogici “auto-rappresentativi” o “autobiografici” così da evitare di dover fornire una “verità” singola o unificata, perché ritiene che questa diverrebbe soggettiva, nostalgica, distorta dalla memoria. Quindi il passato, e pertanto anche il presente che si basa su quel passato, viene purificato ed arricchito. Ed alla fine, diviene la sua personale “verità” e “ storia".







[1] P. H. Abbott. Diary Fiction: Writing as Action, London: Cornell University Press, 1984, p.107: “la scoperta della proprio natura intima e al recupero dell’interezza psichica attraverso uno sforzo persistente di scrittura spontanea, periodica”.

[2] L. Scott. “Writing the Self: Selected Works of Doris Lessing”, Deep South v.2 n.2 (Winter 1996) in www.drizzle.com/~tmercer/write/lessing/memoirs-survivor1.shtml.

[3] P. H. Abbott. Diary Fiction, op. cit. p.118: “parte del [suo] articolato sforzo (…) per erodere i limiti tra scrivere e vivere la proprio vita”.

[4] D. Lessing. Under My Skin. Volume One of My Autobiography, to 1949, London: Hammersmith, Flamingo, 1995, p.17, ed ita. Sotto la pelle: la mia autobiografia, primo volume 1919-1949, trad. di M. A. Saracino, Milano: Feltrinelli, 1997.

[5] D. Lessing. Under My Skin, op. cit. p.13.

[6] D. Lessing. Under My Skin, op. cit. p 12.

[7] D. Lessing. A Proper Marriage, New York: New American Library, 1970, Un matrimonio per bene, Milano: Feltrinelli, 1997.

[8] D. Lessing. “Impertinent Daughters”, in A Small Personal Voice, ed. by P. Schlueter, London: Flamingo, HarperCollins Publishers, 1994, p.150; ed. ita Mia Madre, Torino: Bollati Boringhieri, 1993.

[9] J. Schulkind. Introduction to Virginia Woolf’s Moments of Being, New York, Harcourt, 1976; ed. ita. Momenti di essere: scritti autobiografici, Milano: La tartaruga, 1985.

[10] C. Sprague. “Multipersonal and Dialogic Modes in Mrs Dalloway and The Golden Notebook”, Woolf and Lessing Breaking the Mold eds. R. Saxton, J. Tobin, New York: St. Martin’s Press, 1994, p.15-38.

5 commenti:

  1. Scommettiamo che se pubblico una sola riga della mia tesi non capisce niente nessuno? D'altra parte non ci ho capito niente neanch'io. Sono andato a discutere la mia tesi con la calza in testa!
    Cosa cacchiarola è il guadagno meccanico??? Lo stipendio di un proprietario di officina???
    Lian

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  2. Uhm ci siamo tati all'impegnato forte! E per questo nessuno ti commenta!!! che schifo la rete!

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  3. ammazza che post!...mi compro un kg di popcorn e leggo..in un futuro prossimo..prometto...ce la farò..:P

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  4. @Lian: a volte anche io non capisco cosa ho scritto...ma ricordo vagamente che mi ci appassionai...vale lo stesso??
    @snksnk: ...ehh...vedi l'80% di ciò che scrivo è stronzata, ma il 20% è un po' impegato...rispecchia me, non posso aspettarmi che piaccia a tutti, ma non posso nemmeno cancellare uno dei due lati...poi...pazienza...
    @Eroina: tutto il tempo che vuoi...ti lascio libero arbitrio...:)

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  5. Vale, vale, molto. Come puoi intuire dal mio ultimo articolo, io non mi ci appassionai... Però credo che fosse perché era una tesi triennale in mezzo agli esami
    Lian

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