lunedì 25 maggio 2009

scontro di civiltà per un ascensore a piazza vittorio

Scontro di civiltà per un ascensore a piazza Vittorio


di Amara Lakhous




nell'aprile 2007 ne avevo già parlato nel mio blog


ora sono stata invitata a farne una recensione, recenzione...o una recinzione alla Johnny palomba...


il 6 gennaio 2007, ancora in pigiama, leggevo ad alta voce un libro a mia sorella, la quale era uscita dall'ospedale il giorno prima, ed era ancora piuttosto scossa dalla visita dei ladri in casa, avvenuta nello stesso giorno...


la lettura di questo libro ha fatto sì, a mio parere, che non ci rientrasse il giorno dopo d'esserne uscita...


leggendolo in questa maniera così anacronistica, chi mai legge un libro ad alta voce ora?, ce ne siamo letteralmente innamorate, tanto da non riuscire a smettere sino alla fine del libro...


questo libro è l'opera seconda dell'autore, un algerino ormai romano d'adozione, ecco a voi la trama:


Roma - quartiere Esquilino - Piazza Vittorio è il simbolo della nuova Roma (e della nuova Italia) multietnica. In un vecchio palazzo si snodano le vicende di un gruppo alquanto eterogeneo di inquilini, una piccola 'folla' multietnica segnata da forti differenze culturali, di provenienza, di religione, nonché di modi di intendere la vita.


Nell'ambiente, alquanto chiuso, del palazzo e del condominio è un continuo esplodere di scontri di civiltà in cui tali diversità emergono prepotentemente nel quotidiano e diventano malintesi, piccole prevaricazioni, diffidenze.


Le storie dei personaggi seguono i propri percorsi, incrociandosi l'un l'altra in ragione di una condivisione forzata dello spazio (in stile il castello dei destini incrociati), del palazzo e del suo ascensore, la pietra dello scandalo, l'origine di tante dispute condominiali. C'è chi cerca l'ispirazione per un film, chi il cane improvvisamente smarrito, chi convive con le proprie rinunce, chi con la malavita locale, chi con le ruggini burocratiche a cui devono sottostare gli extracomunitari...tutto ruota attorno all'ascensore, il confine tra la civiltà e le barbarie... 


Quando, con una morte improvvisa proprio all'interno dell'ascensore, l'instabile equilibrio condominiale viene rotto, tutti diventano potenziali assassini e tutti incolpono l'altro, il "diverso", o anche ad attribuirlo all'unico condomino sparito nel nulla, il più misterioso di tutti, colui che ha celato molto del suo passato... 


Tutti loro sveleranno al commissario il nome dell'assassino, la loro verità, al posto di quell'unico testimone, impossibilitato a parlare: l'ascensore.


Di seguito due brevi frammenti dal libro...


La verità di Parviz Mansoor Samadi


(...) Esiste un'altra parola altrettanto importante: cazzo. Si utilizza per esprimere rabbia e per calmare i nervi, e non è monopolio maschile. Anche Benedetta, la vecchia portiera, la usa spesso senza pudore. A proposito, la vecchia Benedetta è la portirea del palazzo dove vive Amedeo <personaggio intorno a cui ruotano tutti gli altri pers. e la vicenda> a piazza Vittorio. Questa maledetta ha il vizio di nascondersi dietro l'ascensore, pronta a litigare con qualsiasi persona voglia usarlo. Io adoro l'ascensore, lo uso non per pigrizia ma per meditare. Premi il pulsante senza nessuno sforzo, vai su o scendi giù, potrebbe guastarsi mentre sei dentro. E' esattamente come la vita, piena di guasti. (...) sfortunatamente Benedetta mi sorveglia come una gatta litigiosa, e non appena metto i piedi in ascensore mi grida in faccia: "Guaglio'! Guaglio'!". Guaglio' è la parola preferita di Benedetta. Come sapete, guaglio' vuol dire cazzo in napoletano. Così mi hanno detto tanti napoletani con cui ho lavorato. Ogni volta che mi vede andare verso l'ascensore, si mette a urlare "Guaglio'! Guaglio'! Guaglio'!". In Iran siamo abituati a rispettare i vecchi ed evitare le parolacce. Per questo, invece di rispondere all'offesa con un'altra offesa come fanno in tanti, mi limito a una breve rispopsta: "Merci!". La lascio e vado via senza guardarla. (...)


La verità di Benedetta Esposito


(...) Io dico che chillo albanese <si riferisce a Parviz, lo crede albanese>è il vero assassino. Questo disgrazato fa lo scostumato quando lo chiamo Guaglio'! Non so come si chiama, e a Napoli siamo abituati a dire così, però lui mi risponde con male parole nella sua lingua. Non mi ricordo esattamente quella parola che dice sempre, forse mersa o mersis! Insomma l'importante è che questa parola vuole dire cazzo in albanese e si usa per insultare la gente. (...)


il libro è anche un'analisi dell'uso del passato, del fatto che c'è chi ci vive in eterno in un rimpianto continuo per quello che non c'è più, e chi cerca solo di cancellarlo, vivendolo solo negli incubi...


"la gente felice non ha né età né memoria, non ha bisogno del passato..."

1 commento: